La peste


"Ma già fin da ora fissate lo sguardo della vostra mente in alto, e tenete rivolti fin da ora i vostri pensieri con i cori degli angeli a Dio Signore dell'universo ... Le vostre orecchie si aprano fin da ora alla catechesi del Cielo. Anelate al sublime canto della salvezza di cui gli angeli acclameranno il compimento"
(San Cirillo di Gerusalemme)*

Oltre un centinaio di morti solo nella nostra città, una strage. Alla mattina si aprono gli occhi in una dimensione già surreale e rarefatta. Mattini radiosi splendono su piazze deserte e sulle prospettive spettrali delle vie disabitate. Solo la Morte le percorre, con l’ampio cappuccio nero a nasconderne il capo ed il volto. Dal lungo manto scuro dita bianchicce ed ossute spuntano per serrarsi sul manico della falce, la sua lunga lama a mezzaluna sta sospesa a mezz’aria, a prender forza per il prossimo colpo. La morte s’è presa la scena e la domina da par suo. Percorre le strade terrorizzando le menti, si espande nella fantasia fino a squagliarsi in forme ameboidi sprizzanti nell’aere. Disegna sinuose circonvoluzioni espandendosi per ogni dove, terrifica ed incontrollata. Dall’alto, il Cielo intanto si è aperto e quasi si china sulla terra. I volti dei cari defunti, dei santi, dei martiri di questa terra assieme alle figure angeliche astanti si affacciano dalle nubi a scrutare ogni uomo, a vedere se ciascuno alzerà il capo o lo chinerà su di sé in una smorfia spasmodica di terrore. Tendono la mano, con la speranza nel cuore. Dal profondo dei Cieli, assiso sul suo trono, il Signore di ogni cosa, il Creatore eccelso dell’universo splendente di gloria ed adorato dalle legioni delle creature angeliche attende un cenno, che si accenda in un anche piccolo e remoto dove il desiderio del ritorno, che qualche cuore lo riconosca, si penta, lo cerchi. Gli uomini in affanno cercano sicurezze, invocano i profeti della scienza. E intanto sono schiacciati come pulci, come le formiche di un formicaio. Aggrediti da corpuscoli invisibili dalla inaspettata e terribile potenza endemica, che come pirati all’arrembaggio si infilano nelle vie aeree, si avvincono alle cellule polmonari, ne fendono le pareti, le penetrano e poi si moltiplicano al loro interno fino a sfinirle e dissecarle. Come l’uomo a Dio, così queste creature si sono ribellate all’uomo. Non lo riconoscono, lo vogliono distruggere. Il rifugio è la casa, il deserto delle relazioni. Di quelle fisiche, almeno. Al sicuro dei muri di casa, come gli ebrei la notte della Pesah, della fuga dall’Egitto, della strage dei primogeniti. Gli stipiti segnati dal sangue dell’agnello. E poi la difesa nell’Arca, quando il diluvio distruggeva ogni vita sulla terra. E poi, ancora, gli israeliti morsi dai serpenti nel deserto, la loro peshà, il serpente di bronzo elevato da Mosè. I bunker dei coprifuoco nel ‘43, le cantine e le soffitte ferite da lame di luce nella nebbia polverosa, per il ricovero degli ebrei dalla minaccia nazista. La casa come il grembo materno, i rumori esterni vi giungono ovattati. Il rassicurante ritmo del battito cardiaco. La casa come la famiglia. Nella famiglia la salvezza. La pandemia parafrasi dell’attacco del male. Il virus come il peccato. La infezione del male per le stesse vie, il respiro che veicola la voce in entrambi i casi il vettore. Infezione fisica ed infezione morale. Da quale conviene maggiormente guardarsi? Dio ci guardi da forme esaltate di misticismo, anche se all’origine della fede c’è qualcosa di mistico, un dono soprannaturale che non è nelle capacità umane darsi. Ma questa pandemia ha qualcosa di grandiosamente profetico, avvicina il Cielo alla Terra, Dio all'uomo, appare come un segno del Cielo, un assaggio delicato  - quasi un trailer - degli ultimi tempi, un invito a guardare in alto. Gli arcangeli eretti, lo scudo appoggiato, il braccio e la mano sollevati a reggere la croce e la lancia davanti alle ali splendenti di oro e dei riflessi dei topazi e del berillo. Il Cielo sospeso sul mondo ed incredibilmente aperto. Da lì, un giorno, apparirà il Pantocratore, il Signore dell’Universo, e verrà a riprendersi ciò che è suo, la vigna amata. Ogni mattina siamo immersi nella apocalisse, eppure abbiamo luce elettrica, acqua corrente, cibo, tutto sembra normale, mentre silenziosamente sorella Morte miete, miete, miete, una mietitura nel deserto nella Quaresima, nell’apparente silenzio del Cielo, nella attesa di Dio dei santi e delle potenze tutte dei Cieli che io e te ci convertiamo a Lui.

*Citazione dal 'Calendario liturgico dell'ascolto', mercoledì 18 marzo 2020.

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