Verso la Pasqua
E’ singolare che il tempo di Satana
libero dalle catene sia cominciato con una epidemia, la Spagnola del 1918, e
finisca con una epidemia, quella del coronavirus del 2020. Questa ultima, con
lo sconvolgimento ed il dolore che porta, è una scopa che sta iniziando a
spazzare via il demonio e, soprattutto, la sua opera e le sue seduzioni, dal
cuore dell’ uomo. Degli uomini che hanno orecchi per intendere, almeno. In
questo senso è una grazia, una occasione di verità, e di conversione.
Il 13 marzo scorso mi sentivo
sollevato e come se l’emergenza sanitaria fosse scongiurata. Mi sentivo
contento, pensavo che forse la Vergine ci aveva ascoltati e che per sua grazia avesse
disposto la fine al flagello del coronavirus. Nei giorni successivi i morti ed
i contagi si sono moltiplicati a dismisura ed in modo costante. Tutto falso e infondato, una speranza vana? E chi può dirlo? Il moltiplicarsi delle criticità e delle morti non è incompatibile con il fatto che il flagello possa avere una fine, nei tempi e modi già sapientemente decretati nei Cieli. La Santa Vergine può ben avere accolto la preghiera dei suoi figli, soprattutto che l'uomo possa tornare al suo Dio, a Cristo, e
questa è la speranza, perché in realtà in tutto il mese di marzo abbiamo
continuato a raccogliere i frutti delle inconsapevoli ed abbondanti semine di
febbraio, quando la facilità e la rapidità del contagio così come i mezzi dello
stesso erano ancora in gran parte ignoti. Oggi, Domenica delle Palme, per la
prima volta il nostro quotidiano locale parla senza ritrosia di un raggio di luce
nelle tenebre, di una apertura nell’assedio. Il conteggio di morti e di contagi
subisce una drastica riduzione.
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In queste settimane di emergenza
sanitaria le mie giornate non sono cambiate granché, salvo per l’annullamento
di ogni incontro in studio e per lo svolgimento in video conferenza degli
incontri di lavoro necessari o programmati. Ogni mattina ed ogni pomeriggio mi
sono recato in studio, a piedi o in bicicletta, per passarvi le solite 8, 9 o
10 ore di lavoro assiduo, duro e solitario. Solo, negli ultimi tempi ho
indossato negli spostamenti per le vie deserte la mascherina chirurgica. Da un
certo momento in poi, per un improvviso desiderio del cuore, tutte le mattine mi sono fermato nella chiesa di San Raimondo sul Corso per un momento di
adorazione e di preghiera che concludevo con Credo Pater e Avemaria e la
richiesta di indulgenza plenaria per me, per i miei cari vivi e defunti, per le
anime del purgatorio, i medici gli infermieri i sanitari ma anche per gli eroi
inconsapevoli di questo tempo, le commesse dei supermercati, i netturbini, i
trasportatori, gli operai e tutti coloro che più nascostamente hanno continuato
a lavorare per consentirci di continuare a nutrirci ed a vivere. Posso dire di
avere lavorato duramente, senza risparmiarmi. Le cose da fare non sono mai
mancate e tuttora non mancano. Venerdì scorso, però, alla fine della giornata,
mi sono trovato a tardare qualche minuto in più per far partire un’ultima email
e concludere, così, una delle pratiche il cui pensiero mi assillava da tempo.
Dopo averlo fatto, ho avuto la netta sensazione di liberazione, di completezza
del lavoro fatto, mentre mi invadeva pervasivamente il senso della bellezza della prospettiva di libertà che si andava aprendo: potermi dedicare
con tutto il cuore e le energie alla Settimana Santa che, a partire dalla
Domenica delle Palme, andava ormai ad avviarsi. Una forte contentezza del cuore
accompagnava il pensiero che ormai stiamo andando verso la Pasqua, che la
Pasqua viene.
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Già era stato preannunciato e si
sapeva che quest’anno per la processione della palme non avremmo avuto le
foglie di palma. Una malattia che da qualche hanno ha colpito questi vegetali
ne ha sostanzialmente azzerato la reperibilità. Ma il coronavirus è andato
oltre, e ci ha reclusi in casa, privi anche del più tradizionale ramoscello di
ulivo benedetto. Niente processione, quindi. Ma le grazie non sono mancate,
anzi. Per esempio, ho potuto recitare la liturgia delle ore e fare le letture
dell’ufficio di questa domenica, cosa che non ricordo di avere mai fatto in
passato. In esse, Sant’Andrea di Creta invita a stendere davanti a Gesù che
passa sull’asino che lo conduce in Gerusalemme non tappeti o altre cose, né le palme, ma le
nostre proprie persone. Cosa che, mancando il resto, possiamo certamente
idealmente fare. Sottoporsi alla signoria di Cristo è quanto di più
gratificante e liberatorio questa giornata ci possa offrire, e concretamente ci
offre. Per altro verso, in queste celebrazioni senza la effettiva
partecipazione, fisica, alle assemblee dei fedeli, inedite nella storia, mi
rivedo come le famiglie ebree la notte dello sterminio dei primogeniti, in
Egitto, quando l’Angelo Sterminatore preparava la פסח, la Pèsach, la Pasqua ebraica, e la partenza di
Israele, la liberazione dalla secolare schiavitù dell’Egitto e del Faraone.
Questa similitudine è forte. Anche noi, come quelle famiglie, siamo isolati,
chiusi nelle nostre case, in attesa. L’Egitto che stiamo aspettando di lasciare
è questo mondo costruito da presuntuose mani d’uomo, come la Torre di Babele. Il
mondo dove l’uomo è dio e che è destinato al fallimento ed alla distruzione. La
fine di questo mondo è oggi cominciata con il coronavirus. Ne parla Padre Livio
in un suo straordinario intervento di questi giorni, da ascoltare. Attenzione, però, dopo la partenza dall'Egitto il popolo di Israele ha iniziato quarant'anni di cammino nel deserto, necessari per la propria purificazione.
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Umanamente, io della Settimana Santa
e della Pasqua non saprei che farmene, né come prepararmi, e una voce sempre in
agguato in qualche parte in ombra nel profondo di me stesso è lì pronta a dirmi
che sono cose che non hanno senso, che non cambiano nulla, che bisogna essere
pratici e stare con i piedi per terra. Che questa cosa passerà e tutto tornerà
come prima. Che torneremo a spadroneggiare sulla creazione e sulle creature ed
a strillare. Gli omosessuali a fare i gay pride, i politici a litigare
ferocemente nell’odio reciproco, le élites finanziarie a dirigere il mondo secondo
i loro interessi economici, il gender, le unioni civili, separazioni,
divorzi, eutanasia. Una voce tentatrice, che viene da Satana, preavverte che
gli uomini torneranno ai loro litigi ed alterchi e che lui, il demònio,
riprenderà come se nulla fosse il suo disegno di distruzione dell’uomo e del
pianeta su cui egli cammina, come la Regina della Pace ha detto alla veggente
Miriana nel suo messaggio del 25 marzo scorso. Ma credo che Dio non lo permetterà. La prospettiva della Settimana
Santa infonde un luce ed una pace soprannaturali a questi giorni. Sabato al
reparto macelleria del supermercato ho trovato l’agnello per l’agape di Pasqua.
Intendo digiunare, vegliare nella notte ed attendere il momento in cui Gesù
risorge e vince la morte. Come questo possa avvenire non lo so, ma la
prospettiva è questa. Con la certezza che Dio provvederà.