Il nonno Nino



Io la mia famiglia siamo in cinque. Io mia moglie i miei due figli e il nonno Nino. Il nonno Nino è molto vecchio e sta da noi fisso da Natale. Sta tutto il giorno seduto in cucina e guarda la televisione. Quando mangiamo a volte si ingona e tossisce rimuovendo abbondante muco dai bronchi. Si scatenano così tempeste batteriche dalle quali ci difendiamo come possiamo. La diffusione batterica è l’ossessione di mia figlia che non sembra ma è sempre vigile e pronta a scatti laterali per scansarne le micidiali ed invisibili onde. Il nonno Nino sta seduto e il profilo del suo piccolo cranio pare quello della cima del monte Penna senza il ripetitore tivù. Il naso ne continua la rotondità sporgendosi non poco sopra il labbro superiore della bocca. Le orecchie enormi occupano lo spazio di una foglia di fico o di gelso. Il Nino ha quasi sempre addosso la mascherina dell’ossigeno con la valvola aperta a uno, fa sempre più fatica a camminare e delle volte anche se la televisione è accesa non la guarda e anche se la guarda capisce poco. Ma si entusiasma se, come ieri sera, vede Bud Spencer Banana Joe mollare pugni a destra e a manca. Salvo i pochi intervalli in cui va in bagno rimanendovi ore e dimenticandosi a volte che cosa ci era andato per fare, oppure quando muove due incerti passi in corridoio fino alla cornice della foto del suo matrimonio con la Piera, il nonno Nino sta seduto sulla seggiola in cucina da mattina a sera, paziente. Al mattino se Paola non lo chiama alle otto si arrabbia. Perché lui si vuole alzare, lavare, vestire e poi mettere puntuale al suo posto sulla seggiola in cucina. Io quando vado in ufficio al mattino e al pomeriggio lo saluto e gli dico ridendo buon lavoro!, e lui scuote la testa e accenna un sorriso. Alle volte si spazientisce e alterca un po’ con sua figlia, spesso si fissa su qualcosa e la rimugina. Parla da solo dentro la mascherina verde dell’ossigeno e gesticola. Quali siano i pensieri non si sa, lui nega di averne e non li dice. Il Nino è ruvido e tenero e rispettoso allo stesso tempo. Dipende. Filippo un giorno lo ha chiamato per fargli gli auguri della festa del papà e lui senza nemmeno salutare gli ha chiesto se aveva tagliato la tal pianta. Oggi si sono sentiti per gli auguri e lui l’unica cosa che gli ha detto gli ha ripetuto la domanda della pianta. A tavola il Nino non perde un colpo, colazione, pranzo e cena, primo secondo e contorno. Poi la mela gialla a fettine sottili, infine il mandarino. Mezzo centimetro di cocacola in un bicchiere d’acqua che porta con fatica alla bocca perché i sopra e sottospinati della spalla oltre un certo angolo non gli sollevano più le braccia. Prima di andare a letto il gelato. Quando mangia risucchia i bocconi, la misofonia di Giacomo alle stelle. Quando la chiama Francesca gli chiede nitidamente: “’Sa gh’è?”, e lui sta al gioco. Quando la vede si illumina. Ha lavorato una vita, il Nino, molto duramente. Ogni tanto ricorda i vecchi tempi, racconta eventi. Parla praticamente solo in dialetto. In italiano non trova le parole, nella narrazione lascia buchi come quelli delle strade sterrate di Bre. Manca il soggetto, né la vicenda è contestualizzata. La scena è come colpita da un flash che ne illumina per un attimo una porzione nel buio del passato. Parla della Piera. Dagli scarni appunti il quadro di un matrimonio difficile. Alle spalle una vita dura, un lavoro duro, una storia dura. Racconta di come ai tempi suo suocero lo aspettava in cascina e lui quando arrivava lo caricava in spalla e lo portava a letto al piano di sopra mentre lui rideva, rideva, rideva. Era forte, il Nino, che ora teneramente stenta a piegare le gambe in piccoli quarti di squats davanti alla foto di lui e la Piera il giorno del matrimonio, della forza degli agricoltori di un tempo. Il Nino è una persona semplice. Paola lo serve con dedizione. Guarda Bonolis, Forum, la De Filippi, la D’Urso, le partite quando ci sono. Alle volte accetta di fare una briscola, ieri con me ha perso tre a uno. "Gh'è mia interess a žughé cui gram" dice, citando il suo amico Pèul, compagno di una vita di briscole. Tra un po’ è ora di cena. Paola è stanca, ma non può mollare, non mollerà mai. Lunedì dell’Angelo, un altro giorno è passato, a des e meš andum in let. La vita, per adesso, continua. Per tutti, va verso il suo epilogo.

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