Il senso e la sua penetrazione

Non so bene come, ma un bel giorno ascoltando su YouTube le musiche su pianoforte di Ludovico Einaudi mi sono imbattuto negli arrangiamenti delle stesse per chitarra di tal Vincent Charbonnier. Sono musiche di taglio minimalista. Al piano sotto le dita dell'autore le note stillano una per una con la trasparenza cristallina dell’acqua, quelle delle versioni per chitarra dello Charbonnier hanno la delicatezza dei petali. In questo mio vagare a un certo punto il canale mi ha proposto la versione per chitarra della Valse d’Amélie, sempre dello Charbonnier. Un giovane magro e sparuto e se vogliamo abbastanza inespressivo, t-shirt di tela grezza chiara, il mento coperto da radi peli di barba scura, che talora appresta una qualche regia ai suoi video con sfondi scuri e alle volte un candelabro a tre bracci con le candele accese in primo piano. L’arpeggio è intenso e delicato e degno del modello, come detto il musicista Einaudi. Ho poi trovato altre versioni per chitarra della stessa valse, anche in duo con gli spartiti davanti ed esecuzioni magistrali, ma ben lontane dalla semplicità ed efficacia e delicata potenza espressiva dell’arrangiamento dello Charbonnier. Questo mi pare abbia colto, ed impareggiabilmente esaltato, la sintesi armonica della melodia. Della valse ma anche delle melodie einaudiane. Esecuzioni semplici ed intense allo stesso tempo, che parlano direttamente al cuore. 

Sul tema della giustizia e del diritto ho da tempo in mente una sintesi, che si arricchisce sempre di più, che con una certa libertà e disinvoltura prende e mescola diritto divino e naturale, sociologia e religione, fede e ragione, Scrittura e storia. In questo filone di letture e riflessioni mi è capitato di riprendere in mano La matrice teologica della società, di Pier Paolo Donati, saggio dal titolo quanto mai intrigante che più volte ho tentato senza successo di leggere. Già dalle prime pagine mi è parso che la esposizione dell’esimio studioso girasse attorno ad un nucleo vero e profondo di senso, sorprendentemente coincidente con la sintesi di ciò che ho da tempo nella testa e, alla fine, in mente di dire. Nello scritto del Donati, tuttavia, pare quasi che questo nucleo di senso resti impigliato e nascosto tra le pieghe del discorso, un po' come il nucleo originario e gioioso della liturgia Eucaristica tra le ridondanze e superfetazioni successive all'editto di Costantino e medievali, e di quando in quando trapeli e traspaia  come sprazzi velati di sole in un cielo cupo e nuvoloso. Altre analogie e conferme ai risultati delle mie modestissime riflessioni credo di avere trovato nella liturgia e nell'ufficio di questo tempo prenatalizio, per esempio in Isaia e nella Lettera a Diogneto. Vorrei che da ciò potesse scaturire un discorso semplice, diretto e lineare come gli arrangiamenti einaudiani e tierseniani dello Charbonnier. Un minimalismo pregno di tensione e di significato che, se venisse da Dio e dagli ammaestramenti della Sapienza, potrebbe arrivare direttamente al cuore.

Non so se nel mio caso sarà così ed anzi temo fortemente di no. Ho però un impulso incontenibile a procedere e la percezione netta e concreta di che cosa possano essere la sottigliezza e la potenza di penetrazione proprie della Sapienza che viene da Dio, che come una spada va alla sostanza delle cose e la esprime con parole ed immagini semplici, accessibili a tutti, che hanno il potere di dare ragione e pienezza di senso agli avvenimenti, alla realtà, alla storia ed al suo destino soprannaturale. E nello stesso tempo di comunicare la Vita.

La gratitudine a Lui è sempre più grande ed intensa.

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