Santa Faustina e il campanile di Istrana

Il Campanile di Istrana (da http://rete.comuni-italiani.it/foto/2008/101614)

Sono le 19, dopo una giornata passata tra computer, carta da pacco ad uso disegno a carboncino, whatsapp, photoshop, la Zuppa di Nicola Porro con lo sfondo dei pini marittimi dal terrazzo di casa sotto il bel cielo azzurro della primavera presumo romana, riesco finalmente a sedere sul balcone dell’appartamento in condominio che da quando c’è il coronavirus mi godo molto più di quanto non abbia mai fatto in precedenza. Direi anzi che con giornate tiepide ed assolate come questa ogni festa comandata portava con sé la frenesia a l’ansia di dove andare. Andare dove? Quanti giri a vuoto per destinazioni senza senso, Paola renitente per principio a muoversi. Andare, andare da qualche parte, alla ricerca di un senso del tempo cosiddetto libero, nel pur penso lodevole tentativo di impiegarlo al meglio. Quante mostre perse, Chagall a Milano, Mantova, Bologna, quanti mercatini, Gonzaga, il quartiere ticinese, i Navigli e le alzaie colorate e popolose, quante idee, quante voglie. Arrivando però alla sera sempre con una soddisfazione a metà, cioè con un punta di insoddisfazione, un senso di inutilità. Perché ora, con il coprifuoco e gli arresti domiciliari da coronavirus, le giornate appaiono invece così piene di pace e di senso? Riesco a sedermi sulla poltroncina da campeggio verde, dieci euro alla Decathlon, con il libro dalla copertina rigida pure di colore verde edito dalla LEV, alias Libreria Editrice Vaticana, copyright 2004, di Santa Maria Faustina Kowalska, il Diario – la misericordia divina nella mia anima. Sul fronte una bella immagine della santa, un ritratto a olio, sembra, una delle poche immagini che circolano. Si trova su internet qualche rarissima foto, che mostra una ragazza dai tratti un po’ squadrati e asciutti. Un volto nordico, una espressione un po' neutra. E’ da tempo che il libro gira nella mia  disordinata biblioteca. Questa santa così cara a San Giovanni Paolo II Papa, il Grande, che la ha beatificata, mi ha sempre attirato, ma dopo aver compulsato qualche pagina sempre abbandonavo il proposito di proseguire la lettura. Sempre con una strana caduta di interesse, come quando do per scontati e lontani i racconti di fatti straordinari ma troppo alti per me e per la mia comprensione. Un esempio di questa insipienza è sempre stata la proclamazione del testamento di Gesù nei vangeli di Giovanni del Giovedì Santo, che normalmente mi passava alto sopra la testa come un Jet in atterraggio a Linate o Malpensa. Ma potere del coronavirus il libro mi è tornato misteriosamente tra le mani e in queste giornate dove lo spirito ha sentito e sente di poter finalmente tornare in sé, e riposare, c’è rimasto. Ho provato in queste settimane di cosiddetto distanziamento sociale, e di reclusione, un senso profondo di pace e di riposo interiore. Davvero penso che questi giorni siano stati una prova dolorosa per un verso, ma anche una grazia straordinaria dall’altro. Mai prima d’ora avevo potuto godere come in essi della casa, della mia famiglia, della preghiera, della meditazione, della vicinanza di Gesù e della Sua tenerissima Madre, e di tantissimi doni che la vita così come la ha preparata e donata il Creatore mi ha riservato e mi riserva. E le pagine del Diario hanno cominciato a sfogliarsi ed a scorrere, una per una, sotto i miei occhi rivelando la ineffabile storia di un’anima e della sua relazione con Gesù Misericordioso che mi è penetrata nel profondo dell’anima. Con essa ho sentito le corde dello spirito vibrare con lo stesso terso e cristallino senso e desiderio di purezza che mi attraversava il petto ed il cuore quando, bambino, seguivo il catechismo un giorno sì e un giorno no nelle sale della Casa Parrocchiale di Istrana. Rivedo il campanile di mattoni rossicci senza cuspide ma come con dei bei decori bianchi direi di pietra bianca o di gesso svettare sulla chiesa antica di fianco alla ferrovia. Al bar vicino al passaggio al livello d’estate si potevano acquistare ghiaccioli a cinque lire. Direi che nei primi tempi sui binari ho visto talora passare la locomotiva nera con la ciminiera che faceva fumo ed il tender del carbone, anche se non ne sono più così sicuro. Il catechismo era importante come la scuola ed alla fine dell’anno c’erano le pagelle con i voti ed i premi in chiesa. Vinceva sempre la figlia del mio maestro e qualche volta qualcosa anche io. Non al primo posto ma delle volte sono arrivato secondo o terzo e vinto una statuina fosforescente della Madonna. Allora non vedevo l’ora che venisse buio e di andare a letto per rimirarne ogni volta nell'oscurità della camera da letto la luminescenza con vivido e rinnovato stupore. Questa santa ha risvegliato in me un senso di purezza che la vita aveva ormai sepolto sotto cumuli di pseudo maturità adulta e di preoccupazioni, di cose da fare, di nefandezze e di tante cose inutili. Da tempo non sentivo il mio spirito vibrare così davanti a Dio. E’ quasi ora di cena ed ho pochi minuti ma una capitoletto del Diario riesco a leggerlo. Sono a pagina 214 della edizione in mio possesso (capitolo 251). Dopo i voti perpetui ricevuti il 1° maggio 1933 Suor Faustina è a Cracovia, nella casa del CSBVMM, che sta per Congregazione Sacra Beata Vergine Maria della Misericordia. La Madre Superiora si rivolge ad un certo punto a Suor Faustina: “Come mai lei, sorella, se ne sta così silenziosa e non si prepara per partire da nessuna parte?”. “Io voglio la pura volontà di Dio. Dove mi manda lei, cara Madre, senza ingerenze da parte mia, lì sono certa che è per me la pura volontà di Dio”, risponde Suor Faustina. Il Diario così prosegue: “A questo punto la Madre Generale mi rispose: <Molto bene>. Il giorno dopo la Madre Generale mi chiamò a sè e mi disse: <Dato che lei voleva la pura volontà di Dio eccola, lei andrà a Vilno”. Vado avanti e leggo la pagina successiva. Uno spazio grafico separa due paragrafi e io faccio conto di proseguire, ma improvvisamente mi fermo. Ripenso a quella pura volontà di Dio che Suor Faustina aspettava di sapere. Ripenso alle mie domeniche che dicevo sopra. In genere, a tutta la frenesia di fare, l’ansia di pensare che cosa posso fare, che cosa devo fare. Nel calmo pomeriggio con la luce che inizia a rosseggiare, mi immergo nella pace del virus. Sono strabiliato di quanta insipienza vi sia in me, nel pensare di dovermi impegnare per sapere che cosa io debba fare. Quante resistenze, quanta cocciutaggine, quanta stupidità nel non affidarmi semplicemente a Dio, che non è un idolo di legno scolpito, che non pensa né parla, ma è Dio, onnipotente, che tutto ha creato con sapienza e non lascia nessuna creatura priva di ciò di cui ha bisogno, se si affida a Lui. Quante grazie scopro intorno a me e dentro di me, e mi chiedo con sgomento quanto io abbia trascurato la pura volontà di Dio che Lui non avrebbe certo negato di mostrarmi, nei fatti, come sta facendo ora, se solo gli avessi consentito di farlo. Mio malgrado, gli occhi mi si inumidiscono. Onde voluttuose di amore divino attraversano calde e straordinariamente avvolgenti questi giorni così contingentati alimentando una pienezza di vita che fa rimpiangere le ore che stanno inevitabilmente trascorrendo verso la loro fine come sabbia che scivola tra le dita. La pandemia sta passando, è passata, con la fine di aprile come sentivo dai segni molto concreti che credo il Cielo e la Carità divina abbiano messo nella mia vita. Dio ha provveduto. Stiamo per tornare al mondo di prima. Come all’uscita dalla sala dove abbiamo visto un bel film che ci ha toccato nel profondo le corde dei sentimenti più buoni, fuori la luce violenta ed accecante del giorno ci attende e ci riporta alla cruda realtà. Gli uomini non si convertiranno, non torneranno a Dio. Gli aborti, i divorzi, le famiglie allargate, gli omosessuali e il loro matrimonio, la omogenitorialità, i bambini in provetta, il mercato dei gameti e degli ovuli, la compravendita dei bambini, il gender, madri e padri che cambiano sesso, il suicidio assistito, il main stream della cultura dominante che, come dice Benedetto XVI, la cui personalità giganteggia a cavallo di due secoli, ostracizza chi non si adegua e si oppone, ci attendono implacabili. Un stretta al cuore, una pena infinita. Provo una grande nostalgia della fine che dovrà venire.

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