Tutto questo accadde
Natasha quel giorno era parecchio nervosa, la destra tremante aveva sbavato la linea scura del mascara dozzinale dello Svetofor, mentre con la sinistra spingeva il mosaico verdastro chiaro delle pareti del bagno, opaco di strati di sudiciume mai rimosso negli anni, a cercare un difficile equilibrio. Quel mese la clinica l’aveva convocata d’urgenza e dopo i consueti preliminari le gambe divaricate sui poggioli della poltrona ginecologica medici distratti le avevano impiantato tre ovuli contemporaneamente. Ma la mensilità che il Governo aveva stabilito per le volontarie era sempre la stessa. L’impianto provocava a Natasha nausee e disturbi diffusi, l’incubazione doveva durare quelle poche settimane che consolidassero gli zigoti, poi questi venivano espiantati e inoculati nelle apposite culle bioniche dove avrebbero completato la gestazione. Natasha non conosceva i nomi dei committenti, europei italiani o francesi a quanto trapelato dalle voci di corsia. Sapeva solo che i ritmi delle incu